Tredici anni fa, ho perso l’unica persona che avevo veramente: mio padre. La sua morte mi ha distrutto. Non eravamo solo uniti, il nostro legame era sacro. Lo amavo e sapevo, senza ombra di dubbio, che lui amava me altrettanto.
Ma la vita è crudele.
Dopo la sua morte, sono tornata a casa nostra, ma nel momento in cui sono entrata, ho capito che non potevo restare. Era troppo. Ho fatto le valigie e me ne sono andata. Ma non ho mai venduto la casa. Forse, in fondo, sapevo che un giorno sarei tornata.
E quel giorno è arrivato. Tredici anni dopo.
Avevo bisogno di alcuni vecchi documenti, quindi sono tornata. Sono passate ore mentre cercavo in soffitta, rovistando tra le scatole, quando all’improvviso… l’ho vista. Una borsa di pelle consumata. L’ho riconosciuta all’istante.
Dalla cerniera spuntava un piccolo biglietto bianco. Le mie mani tremavano mentre lo tiravo fuori.
Era la sua calligrafia.
Una lettera di mio padre. Scritta per me… tanti anni fa.
Trattenni il respiro e iniziai a leggere
“Se stai leggendo questa lettera,” iniziava con la sua grafia inconfondibile, “significa che non sono più con te, e che hai trovato il coraggio di tornare in questa casa.”
Le parole mi bruciavano gli occhi.
“Ci sono segreti che non sono mai riuscito a raccontarti quando ero in vita. Non perché non ti fidassi di te, ma perché volevo proteggerti. Nella borsa troverai documenti, chiavi e un piccolo album. Ti prego, guardalo solo quando sarai pronta.”
Aprii la borsa con mani tremanti. Dentro c’era un mazzo di chiavi legate da un nastrino rosso, un plico di vecchie fotografie e una cartellina spessa. Sul frontespizio, una sola parola scritta da lui: “Verità”.
Il cuore mi martellava. Sapevo che qualunque cosa contenesse quella cartellina avrebbe cambiato tutto quello che credevo di sapere su mio padre… e forse anche su di me.
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